PREMIO LUCIANO RUSSI
PER GLI STUDI STORICI
Terza edizione
PREMIAZIONE
Pescara 24 gennaio 2019
É giunto alla terza edizione il Premio Luciano Russi che da quest’anno si
è arricchito di una importante novità, infatti, oltre ad assegnare due borse
di studio ad altrettanti autori di tesi magistrali nell’ambito delle scienze storiche, filosofiche, politiche e sociali, ha attribuito anche un riconoscimento ad uno studioso che con i suoi lavori
ha dato un contributo significativo ed originale nel campo degli studi storici.
Il primo nome scelto dalla Fondazione Russi è quello di Guido Crainz che per lunghi anni ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Teramo dove nel 2004 ha creato l’Archivio audiovisivo della memoria abruzzese. Con alcuni suoi libri ha offerto preziosi chiavi interpretative di passaggi decisivi del Novecento come le radici dell’Italia repubblicana, il miracolo economico,
la “questione istriana” e, di recente,
le vicende del Sessantotto. Il prof. Crainz, inoltre, ha collaborato con diversi giornali e contribuisce autorevolmente al dibattito pubblico scrivendo sulle pagine de
La Repubblica.
Nel corso della manifestazione, che si è tenuta il 24 gennaio 2019 presso la Fondazione Pescarabruzzo, il prof. Crainz ha svolto una lectio magistralis dal titolo Europa: le ragioni e le difficoltà di un sogno. Prima della sua premiazione, sono state assegnate le due borse di studio
( di 1.500 euro ciascuna ) a neo-laureati le cui tesi magistrali hanno evidenziato una particolare capacità nell’indagine storico-politica. Si tratta di Chiara Silvagni, autrice di una ricerca su Giovanni Botero e il Nuovo Mondo:
le considerazioni americane nelle “Relazioni Universali” e di Valerio Guzzo per una tesi intitolata La rivista “Laboratorio politico” nel dibattito culturale della sinistra italiana. Entrambi si sono laureati presso l’Università di Roma La Sapienza. Il Premio è stato organizzato dalla Fondazione Luciano Russi con il contributo della Fondazione Pescarabruzzo e con il patrocinio della Regione Abruzzo e del Comune
di Pescara.
BORSE DI STUDIO
Le Tesi Premiate
Chiara Silvagni, Giovanni Botero e il Nuovo Mondo: le considerazioni americane nelle 'Relazioni Universali' (Università di Roma La Sapienza, Corso di laurea magistrale in Filosofia ).
La tesi fornisce un’accurata e pregevole ricostruzione della figura e del pensiero di un “classico” del pensiero politico moderno quale Giovanni Botero, soffermandosi in particolare sulla genesi e sul processo compositivo de Le relazioni universali, opera subito fortunatissima e molte volte ristampata nonché largamente circolata in Europa, grazie a numerose traduzioni, per tutto il secolo successivo, ma poi caduta in un pressoché totale oblio, fino alla sua recente riscoperta e valorizzazione da parte di una storiografia prevalentemente italiana. La ricerca della dott. Silvagni, lodevole per la sua fedeltà al metodo “classico” concernente la trattazione del pensiero di un autore politico, tanto nell'impianto generale del lavoro quanto nell'accurato ed esteso vaglio della letteratura critica che ne costituisce solido fondamento, focalizza quale suo obiettivo specifico l'analisi delle parti dell'opera dedicate al “nuovo mondo” americano. Questa parte, che costituisce il nucleo centrale della trattazione, è opportunamente preceduta da un diffuso richiamo alla letteratura cinquecentesca in materia, in particolare all'ampio ventaglio delle fonti a disposizione di Botero e a quelle da lui più insistentemente utilizzate nella descrizione dei paesi e delle popolazioni dell'America centro-meridionale e per la formazione dei suoi giudizi su di essi. Un intelligente collegamento tra le idee-guida evidenziate in queste pagine delle Relazioni universali e le posizioni teorico-politiche espresse dal Benese nella Ragion di Stato e in altri suoi scritti “politici” mette in luce il loro rilievo dal punto di vista della storia del pensiero politico e pertanto fornisce un contributo significativo a questo specifico filone storiografico, oggetto precipuo del Premio Luciano Russi.
Valerio Guzzo, La rivista “Laboratorio politico” nel dibattito culturale della sinistra italiana (1981-1983) , (Università di Roma La Sapienza, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea magistrale in Scienze storiche).
La tesi fornisce un eccellente e originale contributo alla conoscenza della cultura politica italiana del Novecento, nel cruciale periodo compreso tra gli anni '70 e i primi anni '80. A un' approfondita e completa ricostruzione delle circostanze che misero capo alla genesi della rivista “Laboratorio politico”, che ebbe fra i suoi animatori e protagonisti intellettuali “critici” e scrittori politici di spicco appartenenti all'area comunista, ma dalle esperienze eterogenee, quali il suo direttore Mario Tronti, Alberto Asor Rosa che gli succedette in tale ruolo nell'ultima fase della breve vita del periodico, Massimo Cacciari, Aris Accornero o Rita di Leo, ma che fu aperta anche alla presenza di voci “esterne” al PCI, quali Elvio Tarantelli o Stefano Rodotà, fa seguito un'efficace presentazione dei caratteri salienti che essa assunse nel coevo panorama dei periodici di sinistra. Nucleo centrale del lavoro è l'analisi critica dei saggi contenuti nei diversi fascicoli monografici, volti ad affrontare, attraverso una discussione aperta e non condizionata da pregiudiziali fedeltà all'ortodossia custodita dalla dirigenza del PCI, che infatti fu ostile all'iniziativa e di fatto ignorò la rivista, una serie di tematiche teorico-politiche e di analisi del presente collegate alla ricerca pragmatica di una direzione nuova e “modernizzante” da indicare al partito e più in generale alla sinistra e alle forze progressiste per superare la crisi degli anni '70 e dare soddisfacenti soluzioni ai problemi del Paese. La trattazione di tutta la materia è sostenuta da un'efficace contestualizzazione dei diversi interventi esaminati e acutamente commentati, che mette in luce il sicuro dominio di una vasta letteratura storiografica e politologica e un rigoroso utilizzo del metodo storico-politico. Di taglio interdisciplinare, la tesi del dott. Guzzo interessa in primo luogo la storia contemporanea, disciplina di elezione ai fini del conseguimento del titolo, ma riveste un indubbio rilievo anche dal punto di vista della storia del pensiero politico.
IL PREMIO
Al Prof. Guido Crainz
Guido Crainz, per un trentennio docente dell’Università di Teramo,
è stato, in quell’Ateneo, con Luciano Russi, Filippo Mazzonis, Sergio Turone, fra i fondatori del Dipartimento di Storia e critica della politica nel 1991; tra i protagonisti dell’autonomia dalla D’Annunzio nel 1993; tra i promotori,
a partire dal 2002, con Carlo Carboni
e Francesco Benigno della costruzione della facoltà di Scienze della comunicazione; inventore dell’Archivio audiovisivo della memoria abruzzese nel 2004.
Se è vero che le sue ricerche spaziano dalla società rurale dell'Ottocento e del Novecento, alla guerra, alla “questione istriana”, alla storia dei media e al rapporto fra media e comunicazione storica, fino al Sessantotto europeo,
è alla storia dell'Italia contemporanea dalla seconda metà del Novecento che ha concentrato con continuità la sua attenzione studiosa da oltre venti anni
e una copiosa produzione libraria.
A partire da Storia del miracolo italiano (Donzelli 1997), in cui racconta .
la “grande trasformazione” che produce il “miracolo” degli anni Cinquanta, evidenziando nel contempo quanto strutture e comportamenti degli apparati dello stato risultino ancora segnati dal fascismo. Passando attraverso il grande affresco disegnato ne Il paese mancato (Donzelli 2003),
con l’intenso volto di Pier Paolo Pasolini in copertina a sottolineare come le grandi speranze, del benessere economico, delle riforme strutturali,
del mutamento di clima indotto dai movimenti nati con il 1968, dovessero infrangersi sugli scogli, affiorati alla fine degli anni Ottanta, di una profonda crisi della Repubblica. Sino alla suggestione prodotta dal bellissimo titolo gobettiano, Autobiografia di una Repubblica (Donzelli 2009),
dal sottotitolo Le radici dell’Italia attuale, in cui cerca di spiegare le ragioni di una modernizzazione distorta che ha prodotto il distacco dalla cosa pubblica espresso nell’antipolitica.
Alla ricerca di un “Paese reale”, oggetto della postfazione e che annuncia il suo volume successivo (Il Paese reale, Donzelli 2012), in cui lo storico pone delle domande che incalzano sempre di più il presente, seppur vissuto con un senso di straniamento necessario alla comprensione. A questa tetralogia l’autore decide di aggiungere un quinto tassello di sintesi complessiva, con la Storia della Repubblica (Donzelli 2016). Rileggere per intero il settantennio repubblicano, fino agli avvenimenti
legati al Governo Renzi, serve a riconoscere i vizi d’origine alla base della crisi attuale, come gli elementi di continuità con il fascismo che hanno favorito la persistenza del modello del Partito-Stato, il concetto di democrazia non del tutto chiaro ai filoni di cultura politica cattolica e comunista.
Ma soprattutto si sconta l’incapacità della classe politica di dirigere i grandi cambiamenti, vissuti più naturalmente dalla società civile.
Secondo uno studioso legato alla storia delle dottrine politiche, cioè alla disciplina cui afferiva Luciano Russi, Nicola Matteucci, «la diversità delle metodologie dipende solo dal problema o dalla domanda alla quale lo storico vuol dare una risposta». Il metodo non deve imprigionare lo storico in una precettistica data, mentre il «problema in senso forte», consisterà sempre nel rispondere ad una domanda del presente con il ricorso alla storia.
Un contemporaneista come Guido Crainz avverte in maniera pressante
il confronto con il presente, senza per questo confondere quello che chiama l’autobiografia del Paese con la propria di autobiografia, e l’equilibrio dello storico viene qui aiutato dal suo mestiere. Crainz ha utilizzato tutti i materiali possibili per scrivere la storia, dalle fonti documentarie d’archivio, ai rilevamenti statistici, alle fonti giornalistiche e letterarie. Così come ha dato ascolto a tutte le espressioni della cultura popolare novecentesca (cinema, tv, sport, canzoni) che aiutano a comprendere le suggestioni
e i comportamenti di massa di un’epoca. Con Francesco De Gregori, Crainz sarebbe d’accordo a sostenere che la storia “non conosce barriere, entra dentro le stanze, le brucia. La storia dà torto e dà ragione”. E difatti egli non si esime dall’esporre il suo giudizio, sino ad elaborare un paradigma interpretativo, che va oltre il tema dell’Italia come “democrazia difficile” e si contrappone all’idea dell’Italia repubblicana come “Paese possibile”, che non avrebbe potuto fare altrimenti, con la sua idea del “Paese mancato”, che esprime non con il rimpianto, ma con la consapevolezza che, sola, produce risposte e possibilità di ripartire verso strade risolutive.
Insomma, per uscire dalla loro “vita agra” (per dirla con un autore caro a Crainz, così come a tutti noi, Luciano Bianciardi), gli Italiani della Repubblica devono continuare il loro metaforico, lungo e disagevole viaggio verso il futuro.