CARLO PISACANE RACCONTA
IL COLERA A GENOVA NEL 1854
In questi giorni difficili sono ricorrenti le citazioni letterarie che evocano grandi epidemie come la peste manzoniana o la misteriosa cecità immaginata da Saramago. Come Fondazione ci è parso interessante aggiungere un frammento di memoria legato alla vita di Carlo Pisacane e della sua compagna Enrichetta nei giorni della diffusione del colera a Genova.

Nella lettera che pubblichiamo, Carlo si rivolge al fratello Filippo con un tono decisamente risentito. Enrichetta nello spazio in fondo a lei riservato è ancora più esplicita, augurandosi che l’assenza di notizie da Napoli non fosse dovuta ad una volontà di Filippo.

Erano, i due fratelli, assai diversi tra loro, caratterialmente e per scelte compiute. Carlo, il minore nato nel 1818 mentre il maggiore nel 1815, aveva rotto in maniera radicale con l’ambiente familiare napoletano con la sua fuga d’amore del 1847 insieme ad Enrichetta Di Lorenzo (moglie di un suo cugino), mentre Filippo resterà ancorato ad una vita più rispettosa delle convenzioni.
In giro per l’Europa, Carlo avrà modo di frequentare ambienti e persone che contribuiranno a far evolvere la sua formazione improntata ad un naturalismo romantico verso nuove frontiere ideologiche, fino a renderlo il primo pensatore socialista della storia italiana e uno dei protagonisti del processo risorgimentale. Filippo al contrario resterà nei ranghi dell’esercito napoletano, servendo il suo re fino alla fine, combattendo a Gaeta e al Volturno, emigrando a Roma, quando tutto era finito, per poi risiedere fino alla morte (avvenuta nel 1894) a Marsiglia, sostenuto da una pensione devolutagli da Francesco II.
Due fratelli su fronti opposti, capaci di sostenere il loro legame con una corrispondenza che, aldilà della risoluzione di questioni pratiche legate agli affari di famiglia, lascia intravedere il desiderio di tenere stretto il vincolo fraterno a cui nessuno dei due sembra voler rinunciare.
Ma Carlo in quel 20 settembre del 1854 è stizzito, amareggiato per l’assenza di informazioni da Napoli e per un silenzio che non sa come interpretare. Allora rimarca la gravità che il morbo ha assunto a Genova, a suo dire superiore rispetto alla pur contaminata Napoli.
Quell’anno si era rivelato difficile per la coppia napoletana, che si era stabilita ad Albaro, in una casa di campagna ad “un tiro di cannone” da Genova, dove conducevano vita ritiratissima frequentando pochi e fidati amici. Dopo le polemiche seguite alla pubblicazione del libro, La guerra combattuta in Italia negli anni 1848-’49 del 1851, e prima del riavvicinamento a Mazzini che avverrà nel 1855, Pisacane si era dedicato esclusivamente allo studio e alla scrittura di quelli che saranno i suoi Saggi storici-politici-militari sull’Italia (pubblicati solo dopo la sua morte, avvenuta a Sapri nel 1857).
Allora interpreta la mancata attenzione del fratello come un segnale oscuro. Enumera una triste contabilità, tipica dei tempi di epidemia, e non tiene conto, perché non sa di quale sia la situazione a Napoli, dove il morbo ha raggiunto il picco in agosto con centinaia di morti al giorno e che, con il bilancio approssimativo di quel tempo, costerà fra il 1854 e l’anno successivo la vita a circa settemila napoletani. Eppure, non rinuncia Carlo a chiedere informazioni “de’ parenti e conoscenze”, a cercare di soddisfare una sua ultima, ulteriore curiosità su un conoscente, a parlare delle cose ordinarie della vita; quelle cose capaci di restituirci il tono familiare di dialogo tra fratelli a cui non si può rinunciare. (Adolfo Noto, Aprile 2020)

LETTERA DI CARLO PISACANE
AL FRATELLO FILIPPO
[Albaro], 20 settembre 1854
Carissimo Fratello,
voglio lusingarmi che tu avrai curiosità di sapere se dopo il colhera che ha
menato molta strage in Genova io sia vivo o morto. In Genova sono morte
2600 persone, su di una popolazione di 100mila abitanti; 20mila fuggivano
[quasi] la perdita supera, in proporzione quella di Napoli; ora abbiamo sempre
5 o 6 casi e 4 o 5 morti al giorno. Spero che tu stai bene con la tutta la
famiglia, e credo che siate tutti in Caserta.
Ho sotto i miei occhi l'almanacco militare di Napoli, non vi leggo Daniele
Corsi, [che] si ha preso forse la dimissione? Non dimenticarti di farmelo
sapere scrivendomi.
La mia vita è sempre la stessa, quindi non saprei dilungarmi troppo in questo
foglio. Le notizie, gli avvenimenti che mi occupano sono eresie per te quindi
terminerò.
Dimmi di quella famosa eredità ti scrissi che avrei amato cambiarla in una
somma qualunque, non mi hai risposto. Enrichetta sta benissimo, e terminerà
questa lettera.
Addio dunque caro Filippo rispondimi subito ed a lungo, parlami de' parenti e
conoscenze. Saluto tua moglie, abbraccio caramente i tuoi figli e sono
Tuo fratello
Carlo
Un'altra curiosità, chi fu l'uffiziale che sposò la moglie del fu Nunziante

Caro Filippo
Io spero che non sia stata per tua volontà che da molti mesi non abbiamo tue lettere; ti prego caldamente a trovare un mezzo onde ci pervengano notizie tue. Qualche volta hai inviato le tue lettere per mezzo dei vapori napoletani, e solo allora ci sono giunte con esattezza, son sicura che se ti e caro avere nostre nuove, ti servirai di un tal mezzo. Con tanti guai la salute di Carlo e mia è sempre stata buona. Spero sapere lo stesso di te, e dei tuoi figli. Raccontaci come passi la vita, chi vedi dei parenti. Io meno sempre vita ritiratissima e la sola consolazione e di avere notizia spesso dei figli miei.
Addio, rispondici subito e salutandoti caramente sono

"Tua aff. amica
Enrichetta

La lettera è stata pubblicata in, Carlo Pisacane. Lettere al fratello borbonico 1847-1855, a cura di C. Pinto, E. M. Pisacane, S. Sonetti, Rubbettino, Soveria Mannelli 2016. Si riporta qui invece la dizione proposta in A. Noto, Il pensiero politico di Carlo Pisacane. Il problema delle fonti culturali e le ricerche biografiche. Con sei lettere inedite a Filippo Pisacane, in Stato Nazione Cittadinanza. Studi di pensiero politico in onore di Leonardo La Puma, a cura di R. Bufano, Milella, Lecce 2016, pp. 289-290.

Carlo Pisacane
Archivio Privato Famiglia Pisacane

Filippo Pisacane
Archivio Privato Famiglia Pisacane

Video dello spettacolo
“UN PAESE NORMALE”
Testo teatrale di Luciano Russi
con la collaborazione di Rosario GalliGIORNATA DI STUDI
PER LUCIANO RUSSI
Nel decennale della scomparsa
Teramo / Pescara / Francavilla al Mare
novembre 2019

La drammatica diffusione dell’epidemia di Covid-19 ha paralizzato le attività culturali pubbliche e anche la Fondazione Russi ha dovuto sospendere l’organizzazione delle iniziative già programmate per il 2020. Nelle prossime settimane, sulla base dell’evoluzione del fenomeno epidemico, si procederà ad una ridefinizione del calendario delle nostre manifestazioni. In questa fase l’unico appuntamento che la Fondazione ritiene di poter confermare è quello del Premio Russi, previsto per il prossimo dicembre o, al massimo, a gennaio 2021. A tal fine il Comitato scientifico sta raccogliendo le tesi di laurea, nelle discipline delle scienze storiche, filosofiche, politiche e sociali, che saranno poi valutate dalla commissione giudicatrice per l’assegnazione di due borse di studio. In questa fase di forzata inattività abbiamo, comunque, realizzato un video che sintetizza i momenti più significativi dello

spettacolo teatrale Un paese normale, allestito nell’ambito del ciclo di iniziative con cui è stato ricordato il decennale della scomparsa di Luciano Russi. Lo spettacolo, tratto da un testo scritto dallo studioso abruzzese, rievoca le vicende storico-politiche, ma anche umane, della spedizione di Sapri conclusasi con la morte di Carlo Pisacane e di molti suoi compagni. La rappresentazione teatrale ha debuttato a Pescara nel corso del festival Il fiume e la memoria ed è stata poi replicata a Francavilla al Mare e all’Università di Teramo, a conclusione di una giornata interamente dedicata a rievocare la figura intellettuale di Russi. Nella prima sequenza del video, che ora pubblichiamo, si racconta della diffusione dell’epidemia di colera nel 1854 a Genova proprio alla vigilia della partenza della spedizione. Un’epidemia che, allora come oggi, appare come il simbolo infausto di un drammatico passaggio della storia.